Imparare dal GECO

La Natura come modello

“L’ingegno umano mai troverà invenzione più bella, né più facile né più breve della natura, perché nelle sue invenzioni nulla manca e nulla è superfluo.

Leonardo da Vinci

La natura intesa come modello e misura per la progettazione degli artefatti umani è un principio che guida da sempre l’uomo. Guardare alla natura come un laboratorio, un modello a cui tendere per risolvere i problemi della società, è il principio su cui si fonda la biomimesi, lo studio consapevole dei processi biologici e biomeccanici della natura come fonte di ispirazione per il miglioramento delle attività e tecnologie umane. Tra i più sofisticati esseri viventi, oggetto di studio di centri di ricerca del mondo intero, c’è il geco.

Piccolo rettile, simile ad una lucertola, dall’aspetto vagamente preistorico, il geco da sempre è considerato un simbolo di rigenerazione, adattabilità e vitalità. Per le sue caratteristiche biologiche e strutturali, è un esempio di ingegneria della natura: la sua straordinaria capacità di aderenza a qualsiasi tipo di superficie è la caratteristica che lo rende unico. Osservarlo nella sua “concentrazione immobile”, studiarne le zampe, “vere e proprie mani dalle dita morbide” (citando Calvino), è una vera e propria lectio naturae.

Cosa possiamo imparare dal GECO?

Equilibrio ecologico

Il geco si nutre principalmente zanzare, mosche, falene, scarafaggi, insetti fastidiosi per l’uomo, arrivando a mangiare, in età adulta, anche 2.000 zanzare al giorno. Ciò fa di lui un animale estremamente utile per l’uomo, garantendo un ecosistema perfettamente bilanciato.geco

Adattabilità

Muri, rocce o pareti ripide. Sia in natura che in città, non vi è parete che il geco non riesca a scalare. La spiegazione di questa sua incredibile capacità che lo rende unico, consiste nell’anatomia delle sue zampe, rivestite da milioni microscopici peli (detti setae) da cui a loro volta partono miliardi di terminazioni dette spatule, in grado di aderire a qualsiasi superficie attraverso la produzione di una debole attrazione molecolare, chiamata “forza di van der Waals”,  la più debole forza inter-atomica conosciuta in natura. Questa permette ai gechi di massimizzare il contatto che stabiliscono con la superficie, distribuendo il carico del loro peso e aumentando esponenzialmente la forza attrattiva.

Efficienza energetica

Il geco, attivo sia di giorno che di notte, possiede un’eccellente capacità di autoregolazione: lo si può osservare termoregolarsi al sole, ma rimane nei rifugi abituali anche di notte se la temperatura è bassa o c’è vento. La temperatura del suo corpo è uguale a quella dell’ambiente circostante. Per regolare la propria temperatura, adotta un comportamento specifico: se sente freddo si sposta in zone più calde o al sole, se invece sente caldo si sposta in zone più fresche, all’ombra, nelle fessure del terreno o tra i cespugli.

Autonomia e rigenerazione

Può perdere la coda come molte lucertole e poi rigenerarla. Si nota spesso vicino a fonti luminose artificiali (lampade, lampioni, ecc.) presso le quali attende l’arrivo di prede attratte dalla luce che cattura con rapidi movimenti. La sua coda, se tirata, si spezza in un punto preciso (autotomia) e continua a muoversi autonomamente. Questo le consente la fuga da un eventuale predatore. In seguito essa si rigenera nel giro di alcune settimane: la nuova coda avrà una colorazione diversa dalla precedente e sarà leggermente più tozza.  è in grado di praticare l’autotomia della coda, cioè riesce ad amputare volontariamente la parte terminale della coda per mezzo della contrazione di appositi muscoli. Questo meccanismo serve per distrarre o liberarsi dalle grinfie dei predatori.

A guardarlo da vicino, il geco ci parla di saggezza, quella stessa saggezza che il Signor Palomar di Calvino ricerca nell’osservazione dei dettagli, nell’aspetto nascosto del geco che altro non è se non “il rovescio di ciò che si mostra alla vista”:

La segmentazione ad anelli di zampe e coda, la picchiettatura di minute piastre granulose sul capo e sul ventre dànno al geco un apparenza di congegno meccanico una macchina elaboratissima, studiata in ogni microscopico dettaglio, tanto che viene da chiedersi se una tale perfezione non sia sprecata, viste le operazioni limitate che compie. O forse è quello il suo segreto: soddisfatto d’essere, reduce il fare al minimo? Sarà questa la sua lezione, l’opposto della mora- le che in gioventù il signor Palomar aveva voluto far sua: cercare sempre di fare qualcosa un po’ al di là dei propri mezzi?

Palomar (1983), Italo Calvino

Si ringrazia l’artista Massimo Caccia per la gentile concessione dell’immagine tratta dalla serie CAOS
© Massimo Caccia

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